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Abbattere le barriere (mentali)

Stavo cercando su Google qualche news relativa all’abbattimento delle barriere architettoniche in Italia (perché ogni comune dovrà dotarsi, e alla svelta, del cosiddetto Peba – Piano per l’abbattimento delle barriere architettoniche). Ma, come detto e scritto più volte, oltre che fisiche le barriere sono anche e soprattutto culturali, dovute a secoli di pregiudizio verso il diverso da sé. Questo tipo di abbattimento, ancora più importante e fondamentale (perché è stata la cultura dell’abilismo a costruire fisicamente le barriere architettoniche) presuppone un cambiamento culturale e soprattutto di mentalità in ciascuno di noi, uno switch che sta iniziando adesso, ma che dovrà fare il giro di una generazione per dare i primi risultati ‘sul campo’. Comunque intanto è già cambiata la sensibilità di molti (e non è poco); altri, in modo più cinico e opportunistico, nei confronti delle persone disabili hanno solo smesso di fare commenti in pubblico per non essere bollati con il sigillo di ‘non politically correct’. Cosa che, in questo momento di caccia alle streghe e alle cose che non si possono dire (ma che poi si fanno tranquillamente come prima e più di prima), non ci si può permettere. In tempi brevissimi, molto più brevi che per l’analogico, l’abbattimento delle barriere sarà anche digitale (grazie a realtà come AccessiWay,  azienda torinese che lavora con imprese private e pubbliche amministrazioni italiane per rendere i lori siti accessibili a non vedenti, non udenti, agli ipovedenti, alle persone autistiche e anche (come direbbe il/ la Presidente Meloni “facciamocene una ragione”) a tutta la popolazione italiana, destinata a essere presto over 60.

Ma parlando di inclusività e di accessibilità “the Oscar goes to” AMI, il network tv canadese con un palinsesto dedicato unicamente alle persone disabili, che propone anche programmi di intrattenimento e reality di makeover (d’altronde diverse televisioni americane e italiane hanno fatto il loro marchio e la loro fortuna con serie di restyling della casa o di persone). Rientra nella categoria Fashion Dis, in cui un’équipe di esperti si dedica completamente ad una persona disabile in cerca di uno stile preciso e ne ricrea completamente il look, dal make-up al taglio di capelli, all’abito giusto, scelto dall’adaptive designer e qui consulente di stile Izzy Camilleri. Ecco, credo che se potessi dare un suggerimento ai vari canali che in Italia si occupano di reality direi di creare un format come questo: sono convinta che per l’abbattimento delle barriere culturali possa fare di più (e più velocemente) un programma televisivo come questo che tanti predicozzi e talk in sedi istituzionali. Come si dice appunto nei real, (il messaggio) ti arriva subito.

 

Ps un’iniziativa che segnalo stravolentieri: “La due giorni del Baffo”. Il 25 e il 26 novembre, per ogni taglio eseguito, i barbieri torinesi aderenti devolveranno 1 euro alla prevenzione dei tumori maschili. Nell’ultimo decennio il carcinoma prostatico è divenuto il tumore più frequente nella popolazione maschile dei paesi occidentali e, più in generale, i tumori urologici sono tra le 5 neoplasie più frequentemente diagnosticate nel nostro Paese. I fondi raccolti durante “Un Baffo per la Ricerca” 2022 sosterranno una sperimentazione presso la S.C. Urologia Molinette. I ristoratori contribuiranno invece come di consueto, dedicando una loro proposta culinaria (piatto, birra, torta, menù, a seconda della propria specialità) alla Campagna del Baffo e devolvendo una quota per ogni “Piatto del Baffo” venduto. Info: https://fondazionericercamolinette.it/campagne/un-baffo-per-la-ricerca/

 

 

L’ascesa dell’adaptive fashion per una moda più inclusiva

articolo pubblicato su Harper’s Bazaar Italia

In Italia ci sono 3,1 milioni di persone con disabilità e se vogliono vestirsi alla moda devono districarsi tra zip, bottoni, etichette abrasive, scarpe coi lacci, negozi mal progettati e mancanza di formazione del personale.

Abbiamo i vestiti per i pets ma non per le persone con disabilità che, chissà perché, sembrano non godere del diritto a una vita estetica. In Italia sono 3,1 milioni e se vogliono vestirsi alla moda devono districarsi tra zip, bottoni, etichette abrasive, scarpe coi lacci, negozi mal progettati, mancanza di formazione del personale e di prodotti e vestiti adatti. In alternativa, possono rivolgersi ai marchi di abbigliamento adattabili, la cosiddetta adaptive fashion, una nicchia emergente e in forte crescita, assai utile sebbene un po’ ghettizzante.

L’obiettivo dell’adaptive fashion è l’inclusione sociale dei diversamente abili, anche se alcuni studi sottolineano come sia importante non tanto includere, quanto integrare. Una volta i giovani fuggivano la società come la peste, adesso vogliono entrarci a tutti i costi. Aria dei tempi. Scegliere Elle Goldstein, modella affetta da sindrome di Down e rappresentata da Zebedee Management – agenzia “creata per aumentare la rappresentazione delle persone escluse dai media” – come testimonial della campagna pubblicitaria di un mascara è qualcosa, bravo Gucci!, ma non è sufficiente, bisogna offrire soluzioni di design

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