Disability, no Fashion, & the City

Questa volta ci sono rimasta davvero male. In un primo momento mi è sembrato solo un “no, grazie”, una cosa non troppo importante. Ma poi ci ho ripensato. Fatto sta che ieri avevo scritto a Patricia Field, la costumista di Sex and the City e di Emily in Paris, perché volevo chiederle se anche per una donna disabile è possibile trovare, fra gli outfit di Carrie o di Emily, alcuni che siano adaptive, cioè che si possano annoverare tra i capi adattivi, che si adattano a fisici di donne diversamente abili e facili da indossare autonomamente, quindi pratici. Mi interessava un suo parere magari anche su quale tipo di scarpe poter scegliere al posto delle scarpe col tacco (perché le donne disabili ovviamente non possono mettere i tacchi) o su quali borse scegliere. Un consiglio da fashion guru, insomma.

La faccio breve: ho contattato via mai la sua responsabile ufficio stampa, la quale mi ha risposto dopo mezzo secondo dicendomi che ‘al momento Patricia è unavaible (indisponibile)’ e di guardare invece l’account instagram di una fashion icon (anche lei una ragazza disabile, in sedia a rotelle) che avrebbe potuto essermi ‘di ispirazione’. No, vabbè. La mia risposta è stata che avevo scritto alla signora Field perché sto cercando di capire come la pensano sull’adaptive fashion stylist come lei, inoltre designer e giornalisti di moda, e che anche anche in Italia ci sono molte ragazze – coraggiose – con disabilità che fanno le modelle (o fashion icon o influencer). La mia quindi era la richiesta di un parere ‘esterno’ da parte di una professionista del settore, non volevo raccogliere il pensiero di una donna disabile (che peraltro, essendo disabile io stessa, conosco e immagino molto bene).

Ci ho pensato a lungo e, nonostante possa immaginare il periodo super caotico che sta vivendo Patricia Field e quindi la sua pr per il lancio su Netflix di Emily in Paris,

#1 Trovo offensivo il modo in cui la mia richiesta sia stata velocemente derubricata anzi archiviata e ‘dirottata’;

#2 trovo offensivo che la Signora Field non abbia ritenuto abbastanza importante rilasciare un suo parere a me come semplice blogger di #tuttegiuperterra (mentre me lo avrebbe sicuramente rilasciato come contributor di Vanity Fair o Elle);

#trovo non solo offensivo ma grave la noncuranza, o meglio l’indifferenza totale verso i temi (e i problemi) dell’abilismo, perché ancora esistono persone che letteralmente se ne fregano delle persone disabili. Non volevo crederci quando sono iniziati i sintomi della mia patologia, ma, ancora nel 2021, in un anno in cui tanto é andata di moda la parola inclusività, è sempre così. Attenuanti? Si certo, penso che la signora Field non sia stata neanche informata della mia mail, penso che, come ho detto prima, il suo press office stia vivendo un periodo veramente incasinatissimo, ma penso anche che certi argomenti vadano sempre ‘maneggiati con cura’ e che sia sempre necessario almeno leggere bene le mail. Poi mi permetto: dato che io stessa nella vita faccio l’ ufficio stampa, consiglierei vivamente alla signora Field di fare un minimo di attenzione al suo. Se non per altro, per mero opportunismo: dato che la sua addetta stampa decide per lei quali cose sono importanti e quali no, e soprattutto perchè è l’ufficio stampa che fa l’immagine del cliente.

Quanto a noi, ragazze e donne con disabilità (ma anche con cervello e anima) facciamoci una ragione: da Carrie Bradshaw al Medioevo è un attimo. Come abbiamo fatto a non capirlo?