Concretezza, singolare femminile

Premetto che non sono femminista, io sono per la parità dei generi (che comunque non c’è, ma questa è un’altra storia ed un altro post).
Ieri ho partecipato ad un incontro tecnico sulle manifestazioni che si terranno a Torino nel 2019.
Eravamo tutte donne, una ventina, e mi è venuto spontaneo riflettere sul fatto che, che al di là delle differenti scelte politiche e dei differenti modi di pensare, tutte si stia lavorando per un unico obiettivo: far si che gli eventi riescano bene e Torino faccia una bella figura.
E’ proprio vero che le donne sono pratiche, ieri tutte offrivano soluzioni ai problemi con tanto di  date e scadenze:  insomma cose certe. Niente fuffa, anzi la fuffa stava a zero. Ho pensato allora che il luogo comune sulla mancanza di praticità e di concretezza delle donne poi così vero non sia.  Per esempio, pensiamo a quanto le donne siano pratiche nella gestione della giornata dei figli (portarli e andarli a riprendere a scuola, fargli fare i compiti,  portarli a judo o a calcio,  a nuoto o a danza, poi aspettarli all’uscita, andare a parlare con i professori, consolarli se si chiudono in cameretta disperati per la tipa/o…). Poi ci sono la gestione dei genitori anziani (portarli a fare le visite mediche, fargli compagnia, parlarci, stare attente al menù di cui hanno bisogno, fargli i piatti ‘giusti’ a seconda delle loro patologie…), la gestione del marito e del cane (se c’è). Parliamo di concretezza nella scelta della casa (quando ci innamoriamo di un appartamento quello è, e basta), nella gestione della spesa (sappiamo esattamente quello di cui c’è bisogno per tutta la famiglia per la prossima settimana-10 giorni), nella gestione delle scadenze delle bollette. Altra sicurezza concreta:  la scelta dei mobili all’Ikea.  Poi, certo, per altre cose le donne non sono assolutamente affidabili,  o meglio,  sono affidabili ma sono confuse: non sanno scegliere tipo il fidanzato o gli abiti (vedi i camerini di Zara, sempre affollati), le scarpe, i il taglio di capelli, il lavoro per cui si è studiato. Una classica insicurezza femminile sul lavoro, anzi proprio un tabù, è  l’essere in-capaci di chiedere una giusta retribuzione, in base al proprio impegno e al proprio valore. Parlando invece di guida, le poche idee ma confuse consistono nella scelta del percorso da fare per andare dal punto a al punto b (ma si sa che il pensiero delle donne per arrivare arriva, tortuosamente ma arriva). Come scritto all’inizio, personalmente non sono femminista, però sono convinta che proprio in virtù di queste sicurezze & insicurezze (consapevoli, per le quali comunque si chiede aiuto agli altri), un mondo ‘al femminile’ sarebbe un mondo migliore. Soprattutto visti i tempi, in Italia e nel mondo.